{"id":366,"date":"2021-10-14T12:56:50","date_gmt":"2021-10-14T12:56:50","guid":{"rendered":"https:\/\/www.giorgiafiorio.com\/?p=366"},"modified":"2021-10-14T13:42:13","modified_gmt":"2021-10-14T13:42:13","slug":"la-donna-del-dono","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.giorgiafiorio.com\/la-donna-del-dono\/","title":{"rendered":"La donna del dono"},"content":{"rendered":"\n

La donna che ho incontrato porta con s\u00e9 un dono, \u00e8 la donna del dono. <\/p>\n\n\n\n

Il suo dono \u2013 dice \u2013  lo ha offerto perch\u00e9 lo ha ricevuto, lo ha dato mentre lo ha preso, lo restituisce e se lo ritrova tra le mani nell\u2019immediata simultaneit\u00e0 che distingue le cose antecedenti o definitive, aurore nell\u2019attesa o eterne notti, \u201cnon ancora\u201d o \u201cnon pi\u00f9\u201d dove abita solo un indistinto, un indeterminato tanto incerto da essere certezza piena, piena indocilit\u00e0. Il suo dono \u2013 dice \u2013 \u00e8 l\u2019anima misteriosa, nuda, indisturbata, che abita i corpi, ma \u00e8 anche corpo che si offre come figura dell\u2019anima e intanto, quale figura, si nasconde dietro l\u2019anima e infine \u00e8 anima.  <\/p>\n\n\n\n

Dice che il suo dono \u00e8 vita e anche morte, perch\u00e9 senza vita non c\u2019\u00e8 morte ma inerzia, e senza morte non c\u2019\u00e8 vita, solo movimento senza intenzione, trasformarsi per diventare niente. Il suo dono \u2013 dice – \u00e8 fede in un Altrove che \u00e8 qui continuamente e sempre, il rendersi disponibile di un Assente che chiama il mondo fin dalle origini del mondo. Il suo dono \u00e8 forza, tensione, corda tirata da entrambi i capi, orizzonte lanciato comunque pi\u00f9 in l\u00e0 e pi\u00f9 in qua. \u00c8 un corpo legato stretto con grosse funi che per\u00f2 si solleva facendo forza sulle braccia a San Pedro Cutud per la Settimana Santa, schiacciato e insieme attratto, sabotato e intensamente proteso, \u00e8 un albero secco nel deserto sudanese, sinonimo di s\u00e9 e proprio contrario, non ha foglie ma lampi o resti fumosi di un incendio. E\u2019 mano nitida e volto sfocato, il bisogno espresso con l\u2019estrema intensit\u00e0 dagli occhi di una donna musulmana, forse somala, e la sua certezza dell\u2019esaudimento, appagamento non possibile ma eternamente necessario. Il suo dono \u2013 dice – sono due corpi in combattimento che formano di nuovo quella prima coppia divisa chiss\u00e0 perch\u00e9, sono il groviglio un giorno districato, in modo inatteso, ma poi ricomposto dalla lotta Kusti, e sono il cuneo rovesciato, simultaneamente in equilibrio e in bilico, precario, di due lottatori di Sumo. E sono i due abitanti dell\u2019Amazzonia che insieme fanno una doppia velatura, o un arco teso da un bastone troppo esile che per\u00f2 sembra supportare le palme retrostanti. Sono dono tutte le membra che non si scontrano ma si rincontrano finalmente com\u2019\u00e8 stato e come di certo sar\u00e0. <\/p>\n\n\n\n

Il dono \u2013 dice – \u00e8 il cerchio che si chiude nel ritmo perpetuo prima di ogni prima e dopo ogni dopo e pur sempre nell\u2019adesso, \u00e8 il moto rotante dei dervisci cio\u00e8 l\u2019abbrivio che a loro tempo presero le stelle. E dono sono le linee curve, filamenti in chiss\u00e0 quali cieli, o porosit\u00e0 di una scala d\u2019argilla, come dentata, sul Macchu Picchu, o i riflessi di una roccia d\u2019oro, o una criniera di pietra adagiata sul mare dell\u2019isola di Pasqua, rotondit\u00e0 dolcissime e fermamente ondeggianti che non hanno diviso gli spazi ma li hanno lasciati compenetrarsi e ricostituirsi. Il dono \u00e8 la doppia verticalit\u00e0, piedi tesi verso il cielo e mani ferme ad afferrare la terra mentre qualcuno in posizione normalmente eretta ti aiuta a restare fisso in sospensione rovesciata, a Kunbh Mela o intorno a Benares. E poi \u2013 dice – il dono \u00e8 la potenza primordiale, niente affatto caotica ma molto composta, piena di forma, prima e ultima risoluzione di energia, \u00e8 l\u2019incredibile immobilit\u00e0 di un drappo di tela che si srotola nel vento, la ferma stabilit\u00e0 dell\u2019acqua gelida che scorre sui corpi degli Yamabushi o di quella tiepida di una cataratta sull\u2019Isla Hispaniola, immobilit\u00e0 del movimento uguale e identica a quella di un corpo disteso con mani e piedi legati in una piccola gola da qualche parte sulle Ande, o di un uomo sull\u2019Isola di Pentecoste, in caduta frenata.<\/p>\n\n\n\n

La donna del Dono dice che la simultaneit\u00e0 degli opposti \u00e8 esattezza e che esattamente si condensa nell\u2019idea di grazia cio\u00e8 gratuit\u00e0, libera concessione e libero accoglimento, appagamento complessivo e senza motivo, senza compenso ma pieno zeppo di compensazione, senza merito, senza diritto, donazione vera, il dono che Dante illumina nel Convivio <\/em>quando scrive che secondo \u00abli savi [\u2026] la faccia del dono dee essere simigliante a quella del ricevitore, cio\u00e8 a dire a che si convegna con lui, e che sia utile\u00bb.<\/p>\n\n\n\n

Io seguo la donna del dono nel suo viaggio, discreto per non turbarne la percezione e il pensiero, la ascolto mentre dice che il dono \u00e8 qualit\u00e0, virt\u00f9, bene concesso e ricevuto dalla natura o dalla fortuna o dall\u2019Uno, resto in silenzio e la ascolto. Torquato Tasso pensava che \u00abfra i pi\u00f9 cari e preziosi doni fatti da Iddio a la natura umana \u00e8 stato quello del parlare\u00bb e vorrei aggiungere quello dell\u2019ascoltare, reciproco per necessit\u00e0, io taccio e ascolto la donna del dono mentre mi dice che il dono \u00e8 comunione, braccia e mani protese con forza di un gruppo di ebrei d\u2019Israele, indebolite forse ma instancabili, convergenti al centro, e mani di un sacerdote cattolico, raccolte con le dita incrociate per\u00f2 pollice indice e dito medio sfuggono alla presa si aprono e formano il numero tre, una trinit\u00e0, dono sono mani forti che reggono croci, mani serene che sfiorano croci, mani e piedi che riposano sulle croci, mani che servono per camminare.<\/p>\n\n\n\n

Il dono \u2013 dice \u2013 \u00e8 un ricco ossimoro, molte linee rette e molte circolari che non si intersecano mai perch\u00e9 intersecarsi significa tagliarsi, ferirsi, lacerarsi, sofferenza del distacco, piuttosto si sfiorano e formano l\u2019armonia assoluta e silente di un giardino zen. Dice che il dono \u00e8 corpo nero dipinto di bianco, corpo nero vestito di bianco, monile bianco su braccio nero o mani giunte in preghiera verso il basso nei riti del Condombl\u00e9, o sangue rappreso, eppure cola, non sai per quanto, non vedi dove terminer\u00e0 quel fluire tenue ma tanto grave, e dice che il dono primo \u00e8 una natura pura e immacolata, ancora priva di creature, solo cime, vette montagnose e un cielo alto coperto di nuvole, grondante nuvole, mentre ti chiedi perch\u00e9 la terra a volte sia pi\u00f9 alta del cielo, perch\u00e9 la terra sia pi\u00f9 luminosa del cielo, ti chiedi perch\u00e9 quelle convessit\u00e0 implacabili continuino senza contraddizione e senza priorit\u00e0 ad essere gravide di storia trascorsa. Ti chiedi: perch\u00e9 perseverano, in tutta gratuit\u00e0 e aggiustatezza a emettere corpi che la terra sommerge, corpi atterrati dal cielo o intenti a restare sospesi tra i due, partecipando di tutti e due?<\/p>\n\n\n\n

Ovunque vada la donna del dono, lo scenario \u00e8 prevalentemente all\u2019aperto, quasi non ci sono case e neppure capanne, rari i luoghi decaduti e abbandonati, eventualmente intrecciati con radici, radici come pietre fondanti e come colonne, e pietre come radici vive sinuose e striscianti di alberi morti. Ovunque la donna del dono arriver\u00e0, e si fermer\u00e0, le genti scorreranno davanti a lei, andranno lungo la via segnata, aperta da stendardi o padiglioni aerei, poi sosteranno, si raduneranno e poi ripartiranno affrettandosi, e ogni luogo, nel suo viaggio, porter\u00e0 in dono a lei, e a me, silenzioso, un\u2019immagine, e ogni immagine \u00e8 accompagnata da un simbolo, segni fonetici perch\u00e9 il dono sia guardato e simultaneamente udito, e compreso nelle diverse multiple lingue che lo dicono. E allora la natura dei luoghi e delle persone che li stanno attraversando sar\u00e0 resa natura delle parole.<\/p>\n\n\n\n

Ha scritto Cesare Pavese che \u00abuscire in strada, e trovare dell\u2019erba, dei sassi, commuove come una grande grazia, come un dono di Dio, come un sogno\u00bb, ma qui non c\u2019\u00e8 l\u2019erba di un giorno qualsiasi, non ci sono i sassi di un domani o di ieri, e il sogno non c\u2019\u00e8; al suo posto l\u2019eternit\u00e0 della veglia perpetua di un sempre oggi. Io seguo la donna del dono, guardo le cavit\u00e0 e le crepe oscure, non provo il timore ma l\u2019assecondare. Taccio perch\u00e9 il dono genera energia muta, e quel che resta \u00e8 lo stupore, e l\u2019attesa.<\/p>\n\n\n\n

Daniele Del Giudice, La donna del dono<\/em>, in Il dono<\/em>, di Giorgia Fiorio, Roma, Peliti Associati, 2009<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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