{"id":166,"date":"2021-09-11T20:18:52","date_gmt":"2021-09-11T20:18:52","guid":{"rendered":"https:\/\/www.giorgiafiorio.com\/?p=166"},"modified":"2021-10-14T13:42:10","modified_gmt":"2021-10-14T13:42:10","slug":"reference-text-1","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.giorgiafiorio.com\/reference-text-1\/","title":{"rendered":"Il dono"},"content":{"rendered":"\n

Vengo da una cultura, da letture, nelle quali il dono ha una sola direzione: \u201cIo sono il recipiente. La bevanda \u00e8 Dio. E Dio \u00e8 l\u2019assetato. Che senso ha alla fin fine la parola \u201csacrificio\u201d? Ovvero anche la parola \u201cdono\u201d? Chi non ha nulla non pu\u00f2 dare nulla. Il dono \u00e8 di Dio a Dio.\u201d (Dag Hammarskj\u00f6ld, Linea della vita<\/em>, nota del 7 aprile 1953). Percorro ora, lentamente, il libro di meditazioni e di fotografie \u2014 di \u201cstazioni\u201d si sarebbe detto un tempo \u2014 di Giorgia Fiorio, Il dono<\/em> (Roma, Peliti Associati, 2009) e non riesco a uscire dalla contemplazione di quell\u2019incedere ieratico, doloroso, impassibile, di corpi: un movimento umano, di secoli e continenti, che pi\u00f9 si libera \u2014 o magari si crocifigge \u2014 e pi\u00f9 si impasta di fango e acqua. Come se ciascuno dei riti, di iniziazione alla societ\u00e0 o al sacro, alla fine riconducesse al fango della Creazione, limo che ricopre, addobba, aggrava, purifica? Un libro che affascina e che turba, che attinge a riti obliati della vicenda umana col divino, e che \u2014 meglio di secoli che nella mistica si sono vuotati \u2014 Isidoro di Siviglia, all\u2019alba dell\u2019evo cristiano, sapeva cos\u00ec ricapitolare:<\/p>\n\n\n\n

       Propriamente si definisce dono<\/em> quanto dato agli dei, munus<\/em>, o regalo<\/em>, invece, quanto dato agli esseri umani. Si denominano infatti munera<\/em> i servizi che i poveri rendono ai ricchi al posto di regali concreti [\u2026]. Il munus<\/em> \u00e8 cos\u00ec chiamato in quanto ricevuto o dato con le mani<\/em>. Esistono due tipi di offerte: il dono e il sacrificio. Si definisce dono<\/em> qualunque offerta d\u2019oro o di argento o di qualunque altro materiale pregiato. Si definisce sacrificio<\/em> una vittima o quanto si bruci o si deponga sull\u2019altare. Del resto, tutto ci\u00f2 che si d\u00e0 a Dio, o si dedica o si consacra. Ci\u00f2 che si dedica<\/em>, si d\u00e0 dicendo<\/em>, ossia elevando parole dedicate<\/em>. [\u2026] L\u2019immolazione<\/em> [del sacrificio] fu cos\u00ec chiamata dagli antichi in quanto la vittima era uccisa dopo essere stata posta sulla mole<\/em> dell\u2019altare. [\u2026] Ora il termine immolazione \u00e8 correttamente usato per indicare l\u2019offerta del pane e del calice. [\u2026] Presso gli antichi si denominavano ostie<\/em> i sacrifici che si offrivano prima di dirigersi contro gli hostes<\/em>, ossia contro i nemici. Si dava invece il nome di vittima<\/em> al sacrificio immolato dopo una vittoria<\/em> (Etimologie o origini<\/em>, VI, XIX, 26-34).<\/p><\/blockquote>\n\n\n\n

Tutto intero il sacrificio della Messa (il passo \u00e8 del resto nel libro Degli uffici ecclesiastici<\/em>) nel magma umano; tutta intera l\u2019umanit\u00e0 come Messa. E anche, con una simbolica che abbaglia: \u201cPresso i Latini si definiscono cerimonie<\/em> tutti i riti sacri, chiamati in greco orgia<\/em>. Ai dottori \u00e8 sembrato che il termine cerimonia<\/em> derivasse propriamente dal verbo carere<\/em>, che significa esser privo<\/em>, quasi fosse carimonia<\/em> per il fatto che gli esseri umani carent<\/em>, ossia sono privi<\/em> della possibilit\u00e0 di usare personalmente quanto offerto durante i riti divini\u201d (ibid<\/em>., VI, XIX, 36). Lentamente, nella tradizione cristiana, dopo i martiri nei Colossei, la cerimonia si \u00e8 imposta al sacrificio, la privazione al corpo, siamo rimasti privi di \u201cdono\u201d: non pi\u00f9 vittime<\/em> e non pi\u00f9 vittorie<\/em>, ma solo elevazioni<\/em>. Il libro stesso termina, o si apre, con un albero spoglio che leva le braccia al cielo: partire da qui, o arrivare qui? Il termine arabo had\u012ba<\/em>, posto ad apertura del Dono<\/em>, sembra ricapitolare questo millenario percorso: \u201cdono, regalo, sacrificio, condurre sulla retta via\u201d. Ma nel suo peregrinare di trib\u00f9 in trib\u00f9, questo libro di Giorgia Fiorio riporta l\u2019Occidente cristiano alla domanda antica e radicale, riproposta da Jan Kott: sappiamo mangiare \u2014 sappiamo che stiamo mangiando \u2014 Dio?<\/p>\n\n\n\n

Carlo Ossola, Il dono<\/em> in Continente Interiore<\/em>, Marsilio, 2010, pp.67-68<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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